Il Papa: esci da messa, vedi un povero e ti giri altrove. Quella indifferenza è “odio cosciente”
Non l’odio ma «l’indifferenza» è il contrario dell’amore. Quella che spesso molti, anche coloro che si professano cristiani e che vanno a Messa tutte le domeniche, mostrano nei confronti dei poveri, dei senzatetto, degli indigenti. Sono parole, queste del Papa pronunciate nella messa mattutina a Santa Marta, di bruciante attualità alla luce degli episodi di disumanità nei confronti dei più deboli che - in Italia e nel mondo - sembrano ripetersi quasi quotidianamente.
Per Francesco questa indifferenza divenuta quasi una «cultura» è uno dei più gravi mali del nostro tempo. Lui, nella sua omelia - riportata da Vatican News - la identifica in una fotografia scattata da Daniele Garofani, fotografo de L’Osservatore Romano, appesa alle pareti dell’Elemosineria Apostolica alla quale è stata donata: «Uno scatto spontaneo che ha fatto un bravo ragazzo romano» di ritorno da un servizio di distribuzione pasti ai senzatetto con il cardinale Konrad Krajewski durante «una notte di inverno», come si vede dagli abiti della gente. Nella foto ci sono persone che escono «da un ristorante», «gente tutta ben coperta», osserva il Papa, e soddisfatta perché «avevano mangiato, erano fra gli amici». Fuori dal locale «c’era una senzatetto, sul pavimento, che fa così…» dice, mimando il gesto della mano tesa a chiedere l’elemosina.
Il fotografo «è stato capace di scattare nel momento nel quale la gente guarda da un’altra parte, perché gli sguardi non si incrocino», nota Bergoglio. Ecco, proprio questa «è la cultura dell’indifferenza»: girarsi dall’altra parte, cercare di non vedere la sofferenza altrui.
Non è un fatto nuovo, purtroppo. È un atteggiamento che risale fino ai tempi degli apostoli, dice Francesco, commentando il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, in cui i discepoli guardano l’enorme folla al seguito di Gesù e suggeriscono al Messia: «Congedali, che vadano per le campagne, al buio, con la fame. Che si arrangino: è problema loro… Noi ne abbiamo: cinque pani e due pesci per noi».
Gesù, invece, come sempre sorprende e «fa il primo passo» perché «ci ama» e ha compassione; mentre noi, anche se buoni, tante volte non capiamo i bisogni degli altri e restiamo indifferenti. «Amiamoci gli uni gli altri», questo comandamento che viene da Dio evidentemente non è entrato nei nostri cuori, annota Francesco. Il Signore però continua ad amare «l’umanità che non sa amare»: è «il mistero dell’amore» cristiano, afferma, di un Dio che «ci ha amati per primo» e che «ha fatto il primo passo» mandando suo Figlio, «inviato per salvarci e dare un senso alla vita, per rinnovarci, per ricrearci».
Ma perché Dio lo ha fatto? Per «compassione», rimarca il Vescovo di Roma. La stessa che prova Gesù davanti alla moltitudine di gente estesa sulle rive del lago di Tiberiade: soli, dispersi, «come pecore che non hanno pastore». Gesù si commuove, «vede quella gente, e non può restare indifferente» perché il vero amore «è inquieto», «non tollera l’indifferenza», «ha compassione».
E compassione «significa mettere il cuore in gioco; significa misericordia», spiega il Papa, «giocare il proprio cuore verso gli altri». Cristo infatti si mette a parlare con la gente, a insegnargli delle cose; poi «alla fine guardano l’orologio: “Ma è tardi…”». E allora i discepoli - riporta l’evangelista Marco - esclamano: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare».
«Che si arrangino» e si comprino da soli del pane: è, in sostanza, il senso di queste parole. «Ma noi stiamo sicuri loro sapevano di avere pane per loro, e volevano custodire quello. È l’indifferenza», commenta Bergoglio. «Ai discepoli non interessava la gente: interessava Gesù, perché gli volevano bene. Non erano cattivi: erano indifferenti. Non sapevano cosa fosse amare. Non sapevano cosa fosse compassione. Non sapevano cosa fosse indifferenza. Hanno dovuto peccare, tradire il Maestro, abbandonare il Maestro, per capire il nocciolo della compassione e della misericordia».
La risposta di Gesù nel Vangelo è quindi «tagliente»: «Voi stessi date loro da mangiare», ovvero «prendetevi carico di loro». «Questa - evidenzia Francesco - è la lotta fra la compassione di Gesù e l’indifferenza che si ripete nella storia sempre, sempre… Tanta gente che è buona, ma non capisce i bisogni altrui, non è capace di compassione».
È una indifferenza che può paragonarsi ad una sorta di «odio cosciente», afferma il Papa. «Io sono soddisfatto, non mi manca nulla. Ho tutto, ho assicurato questa vita, e anche l’eterna, perché vado a Messa tutte le domeniche, sono un buon cristiano», però poi, «uscendo dal ristorante, guardo da un’altra parte».
Riflettiamo allora, conclude il Pontefice, come davanti a Dio che fa «il primo passo», noi rispondiamo con l’indifferenza. È «una malattia», «preghiamo il Signore perché guarisca l’umanità».
Al termine della celebrazione, Papa Francesco ricorda commosso l’arcivescovo Giorgio Zur, già nunzio apostolico in Austria, «che abitava in questa Casa», morto ieri a mezzanotte. Poi invia un saluto a Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale che domani 9 gennaio celebra il suo 80esimo compleanno: a lui un grande grazie da parte del Papa «per lo zelo apostolico con il quale lavora nella Chiesa».
Salvatore Cernuzio, La Stampa - Vatican Insider
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